Una delle ultime testimonianze di Antonio Tabucchi.
Una conversazione a tutto campo con Marco Alloni, uscita nel 2011 con il titolo Saudade di libertà, riproposta per l’essenzialità con cui riassume i temi
della letteratura e del viaggio della vita secondo il grande autore di Sostiene Pereira.
«È bene temere la perfezione, altrimenti si rischia di fare un bucato troppo bianco, e la letteratura clean non ha nessun interesse: la vita è imperfetta, spesso è sporca e deve lasciare qualche macchia sulla camicia».
Tabucchi è uno di quegli autori di cui più si parla e più si sbaglia. E più si sbaglia e più ci si allontana dal senso dei suoi libri. L’ho avvertito, come una specie di sortilegio, ogni volta che ho tentato di spiegare a qualcuno chi sia Antonio Tabucchi. Una volta mi sono trovato a dire è un autore dell’enigma, un’altra che sarebbe la personificazione dello stupore una volta liberato dal suo oggetto, un’altra ancora che Tabucchi potrebbe averci detto quello che non si può conoscere, insomma, invariabilmente la definizione di Tabucchi si allontanava da lui e i libri che ci ha consegnato ricadevano in un sistema interpretativo a cui non potevano e non volevano ma soprattutto non dovevano – venire ricondotti. L’opera di Tabucchi – la sua stessa poetica – dà accesso a una dimensione sempre più interna del labirinto che solo nel momento della lettura può essere colta. Senza approdi, è una poetica dell’approdo. Senza mete, è una poetica del viaggio. Giacché di questo infine si tratta, quando si tratta di Tabucchi: di un autore il cui lascito, la cui eredità e il cui portato di indefinibilità essenziale rischia di diventare negli anni altrettanto importante di quello di Pessoa. Ma il cui contributo di originalità rischia, a sua volta, di non raccogliere che indegni eredi. In queste pagine ne abbiamo – credo – l’ennesima prova. Tabucchi parla, e nel parlare spiega. Ma nello spiegare e parlare, come sempre, allude e non proclama, non sillogizza. Molto del suo animo si svela, molta sua personalità si appalesa. Ma molto altro torna a richiamare quelle lontananze, quelle ulteriorità, quell’ombroso altrove che nessun discorso razionale lineare è in grado di suscitare. E questo credo sia infine l’elemento magico di Tabucchi: farsi ascoltare e amare senza che mai ben si capisca o sappia, o si voglia capire, che cosa esattamente amiamo di lui. Marco Alloni