È possibile scrivere un romanzo sul disturbo
bipolare?
Sì, se il taglio medico-narrativo è quello scelto da Rosario Sorrentino, neurologo e divulgatore di chiara fama, in questo "Due di me".
Raccontare “da vicino” le vicissitudini di Francesca, una giovane donna affetta da uno dei disturbi più invalidanti tra le malattie psichiatriche come quello bipolare, non è certo facile. Sin dall’inizio, infatti, la protagonista rifiuta con tutta sé stessa l’idea di soffrirne ed escogita una serie di strategie di difesa pur di sottrarsi a una diagnosi più volte confermata e da lei odiata.
Come in un romanzo, la verità delle cose si rivela poco a poco. Francesca ha davanti a sé l’immagine del padre che soffre della sua stessa malattia. Il terrore di somigliargli la porta a vivere, in parte consapevolmente, le due Francesca che abitano dentro di sé. La “Francesca A”, disinvolta, euforica e piena di energia, ma pericolosamente disinibita quando messa davanti ai tanti limiti e frustrazioni che il vivere comporta. La “Francesca B”, depressa, spenta e priva di energie, che pensa più volte di mettere fine alla sua sofferenza divenuta atroce, insopportabile.
La ricerca, la quête caratteristica di molte storie romanzesche, passa attraverso molte strade alternative per curarsi, compresa una psicoanalista freudiana che avalla i rifiuti del soggetto, ritardando ulteriormente la cura più giusta.
Dopo aver dolorosamente superato i pregiudizi e i luoghi comuni, la protagonista
giungerà a una consapevolezza preziosa: se si compiono i passi giusti, si può uscire anche dall’inferno della sofferenza mentale.
“I BIPOLARI SI POSSONO CURARE, MA I FARMACI SONO LA TERAPIA DI PRIMA SCELTA”