Berlinguer non era triste
Così ricordo Enrico Berlinguer
L’infanzia vissuta sotto il regime e poi in guerra, gli anni della gioventù, poi le
vacanze estive a Stintino e la dura vita di partito a Botteghe Oscure.
Sono i ricordi di un’amica di Enrico Berlinguer, che compongono un ritratto privato e inedito del leader della sinistra più amato e rimpianto.
«Stavo lì, un pomeriggio, con una mia cuginetta, quando il Berlinguer più grande,
Enrico, mi si sedette vicino. Tolse dalle tasche un libro molto vissuto, e si rivolse a me chiedendo: “Tu sei Marina, vero?” Risposi affermativamente e lui mi sorrise e si immerse nella lettura. Ero molto contenta che un grande si accorgesse di me, ma quanto era timido, timido, bruno e sorridente!»
«Quando Enrico arrivava a Stintino, verso la fine di luglio o ai primi di agosto, era stanco, sfinito, lo si leggeva dai solchi profondi ai lati del viso e dai tratti tutti volti all’ingiù. Sulla spiaggia, i primi giorni, sedeva, più silenzioso del solito, guardando il mare lucente, non lo toccavano le chiacchiere di noi donne, né le grida dei bambini. Poi si tuffava e faceva una lunga nuotata e, quando tornava a riva, si era già rimesso, diceva qualche frase, faceva qualche timido sorriso e ritrovavamo l’Enrico di sempre. Così nei giorni che seguivano, sulla barca o in spiaggia la mattina, o la sera dopo cena, o anche a cena insieme, i solchi sparivano, gli occhi non erano più all’ingiù».