Oliviero Toscani è a tal punto identificato con alcune sue fotografi e – quelle che lo hanno reso famoso nel mondo – che si ha ormai il diritto di dire, di una foto con determinate caratteristiche: «Questa è una fotografi a alla Toscani». Esattamente come si dice di alcuni artisti, per esempio di Andy Warhol – per
citarne uno che Toscani ha incontrato – con le sue immagini pop o di Henri Cartier-Bresson con i suoi “istanti involontari”, anche in questo caso l’uomo è immediatamente riconducibile a una precisa grammatica narrativa. Creativo e sovversivo, allergico alle regole, grande trampoliere della provocazione – «un’opera d’arte che non provoca reazione non è tale» – ha misurato il mondo palmo
a palmo, facce e storie, paesaggi e sensazioni, con la sua Leica, indolentemente appesa all’estremità del braccio destro, e non si è mai soffermato nel calcolo delle convenienze o delle cose “giuste” da fare. E quando un’immagine dice molto più di mille parole allora si è nell’arte. Perché questo è Oliviero Toscani, un
artista irriverente e rivoluzionario che ha fatto della sua vita, e della sua professione, una vicenda a tinte forti. In questa conversazione intensa Toscani si confessa, dall’infanzia al successo planetario, raccontando il mondo
per quello che è.
Amato e odiato, temuto e riverito, Toscani non è mai stato un uomo “politicamente
corretto”. Un esempio? «Un modo per far tornare la nostra società sana e democratica?
Distruggere la televisione!» Come dire: chi lo ama lo segua. (Dalla prefazione di Luca Sommi)