“Giocare con le tette”, libro shock sul calcio femminile della Fondazione per lo sport
Carlo Ancelotti da Vancouver appoggia l’iniziativa: “Brava Fondazione! Mi ha fatto molto piacere essere coinvolto in questo progetto”. Prefazione di Antonio Padellaro. Il libro già in vendita a Reggio
Il libro di un anonimo, non un libro anonimo, tantomeno nel titolo, “Giocare con le tette” pubblicato da Compagnia Editoriale Aliberti presentato il 14 dicembre al Comune di Reggio Emilia
Il volume, il cui autore è voluto rimanere anonimo ed è pervenuto come dono alla Fondazione, è curato dalla Presidente della Fondazione medesima Milena Bertolini, allenatrice nella massima divisione di calcio femminile e cinque volte panchina d’oro, ma vanta anche la collaborazione di altre firme prestigiose: la prefazione infatti è firmata da Antonio Padellaro, noto giornalista e saggista, mentre la postfazione è un’intervista esclusiva a Carlo Ancelotti, curata e raccolta dalla giornalista Elisabetta Reguitti de “Il Fatto Quotidiano”. Parterre d’eccezione per la presentazione del libro in Comune: oltre a Milena Bertolini ed Elisabetta Reguitti, per il Comune, partner dell’evento, l’Assessora alle pari opportunità Natalia Maramotti e poi Katia Serra, voce tecnica di Rai Sport, Responsabile Settore Calcio Femminile A.I.C., nonché docente di corsi per allenatori UEFA B/C, Direttore Sportivo ed ex calciatrice. Presente anche l’Editore con la dott.ssa Manuela Mondello. Ha introdotto e moderato gli interventi Domenico Savino, direttore della Fondazione per lo sport. HANNO DETTO “Questa pubblicazione, — ha detto l'Assessora Maramotti — è significativa e coerente con la politica che da anni l'Amministrazione comunale di Reggio Emilia porta avanti, in tema di pari opportunità e di applicazione, nella vita reale, dell'articolo 3 della Costituzione, ossia per un'uguaglianza formale e soprattutto sostanziale degli individui. Nel libro, in sostanza, è raccontata la dominanza del 'patriarcato' nella storia, che si può sradicare solo con il protagonismo femminile. “La consapevolezza del corpo femminile anche nello sport si è raggiunta in Italia soltanto nel secondo dopoguerra, dopo la fine del fascismo, ma in molte altre parti del mondo, ancora oggi, il corpo femminile viene occultato, sfigurato; non è quindi così scontata una riflessione sulla donna come soggetto pienamente capace di disporre di 'corpo' e 'mente'” ha concluso Maramotti. La presidente Bertolini ha spiegato che in Fondazione per lo sport, non appena ricevuto il libro dall’anonimo autore, hanno tutti pensato di avere tra le mani qualcosa di importante: “Un progetto molto sentito e su cui abbiamo fatto diverse riflessioni, e abbiamo poi scelto questo titolo pensando potesse essere efficace. Emerge ancora un forte pregiudizio nel calcio femminile, legato al fisico, al corpo. All'estero il calcio femminile è un movimento di massa, ma in Italia siamo indietro decenni. 'Il calcio non è sport per signorine', diceva il famoso mediano, Guido Ara, nel 1909, ma oggi, passati cent'anni, non sembra sia cambiato molto”. “Una narrazione bella, ironica e intelligente — ha detto Reguitti. — Quando ho intervistato Ancelotti a proposito di questo progetto, si è dimostrato subito entusiasta e si è reso disponibile per la postfazione della pubblicazione. In Canada, per esempio, il calcio femminile ha dei numeri elevati, e si fa business, mentre in Italia troppo spesso le atlete subiscono trattamenti diversi dai loro colleghi di sesso maschile”. È intervenuta poi Katia Serra, che lavora professionalmente da tempo in ambito sportivo, e ha detto che “sono anni che cerchiamo di dare un segnale tangibile di qualcosa che però tarda ad arrivare. Abbiamo difficoltà, in quanto donne, a imporci nello sport calcistico, perché il corpo sembra sempre venire prima, mentre la professionalità, le competenze, dopo. La bicicletta è stata uno dei primi simboli, in passato, con il quale le donne hanno agito i loro diritti. Mi auguro allora che il pallone diventi l'altro simbolo di emancipazione delle donne sportive”. Mondello ha spiegato che la Compagnia Editoriale Aliberti ha aderito subito a questa proposta, in quanto questo libro allarga lo sguardo, andando a frugare un po’ con impertinenza nella storia sociale, culturale, politica del nostro passato antico e recente. Scopre così che i comportamenti di oggi sono il riflesso più o meno condizionato di un vulnus fondamentale di cui soffre la nostra stessa democrazia: parola di genere femminile, come sottolinea il libro stesso. Con la pubblicazione di questo volume la Fondazione per lo sport denuncia la discriminazione nei confronti dello sport al femminile e segnatamente del calcio in gonnella. È un implacabile atto di accusa nei confronti del mondo del calcio,che parte dai tempi del fascismo, in cui il CONI di Iti Bacci, dalle colonne de “Il Littoriale” (giornale di regime che aveva rilevato “il Corriere dello Sport”), vietava senza mezzi termini la pratica femminile del calcio. Ma da allora poco o nulla sembra essere cambiato. Sono note a tutti le dichiarazioni di Carlo Tavecchio, presidente di Federcalcio (“Finora si riteneva che la donna fosse un soggetto handicappato rispetto al maschio sotto l’aspetto della resistenza, del tempo, dell’espressione atletica. Invece abbiamo riscontrato che sono molto simili”) e quelle attribuite a Felice Belloli, ex-Presidente della Lega Nazionale Dilettanti: “Basta, non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche“. Ad onta delle dichiarazioni dei vertici sportivi nazionali, che hanno evidentemente fatto propria certa cultura da “bar dello sport”, questo libro dimostra invece che anche a calcio “giocare con tette” si può. È un libro che potrà dispiacere a molti, perché dimostra come, nonostante un profluvio di dichiarazioni verbali di stampo “illuminato”, è in realtà una vecchia cultura primordiale che riemerge spesso e magari senza saperlo tra le pieghe della storia e delle istituzioni. Nella seconda parte del libro è infatti ben messo in evidenza come la serie di discriminazione nei confronti delle donne all’interno della società sia il frutto di retaggi antichissimi, in cui le donne erano relegate in ruoli di mera conservazione della stirpe, escluse da ogni istituzione ed in una condizione di minorità giuridica. Indicatore straordinario di questo “pensiero fossile”, è appunto quello che accade appunto nel calcio femminile L’iniziativa della Fondazione per lo sport si inserisce all’interno di un progetto culturale, chiamato Irene, che ha al centro la consapevolezza della necessità di un linguaggio di Pace. Con incredibile leggerezza sentiamo dire che “oramai siamo in guerra”: proprio per questo occorre parlare un linguaggio diverso, dato che è il linguaggio a dar corpo alle idee e non viceversa. La Fondazione per lo Sport chiama il Comune ed i soggetti del Terzo settore a condividere questo progetto. Il libro è già in vendita a Reggio Emilia presso Libreria dell’Arco – Via Emilia S. Stefano 3/d, Libreria del Teatro – Via Crispi 6 e Libreria 55 mq. - via Due Gobbi 3/b. Dopo metà gennaio, il volume sarà in vendita su tutto il territorio nazionale.