Nell'inverno del 1880 il poeta e critico Arturo Graf e lo scrittore Edmondo De Amicis organizzarono nella società filotecnica di Torino un curioso seminario di undici conferenze, aventi per oggetto: Il vino. Ognuno dei relatori invitati (Graf stesso, Alfonso Cossa, Corrado Corradino, Michele Lessona, S. Cognetti De Martiis, Giovanni Arcangeli, Angelo Mosso, Giuseppe Giacosa, Giulio Bizzozzero, Cesare Lombroso e appunto De Amicis) ebbe il compito di affrontare l'argomento rapportando, di volta in volta, il vino alla leggenda, alle lettere, alla patologia, alla fisiologia, alla chimica, alla botanica, al commercio, al delitto, alla poesia, alla storia naturale. L'autore di Cuore descrive gli effetti psicologici del vino sull'intelligenza, l'immaginazione, il sentimento: un classico "bozzetto", un ritratto di tipi umani e di stati psicologici universali che il vino, secondo l'antropologia deamicisiana, non fa che rivelare, in un parossismo alla fine divertente e blandamente patetico. Il grande e discusso medico e criminologo esplora invece il lato distruttore del vino, i suoi effetti sulle menti deboli e "pronte" al delitto. Ne vien fuori un piccolo quadro d'ambiente sociale dalle tinte noir (quasi uno scenario per certi romanzi naturalisti francesi, o per la letteratura "nera" inglese del tempo) sottilmente inquietante quando sprofonda con la curiosità di uno speleologo nei cunicoli cavernosi della psiche umana. Gli interventi di Edmondo De Amicis e Cesare Lombroso sono saggi godibili, ricchi di divagazioni antropologiche e quasi romanzesche sull'alcool e i suoi effetti. Piccoli gioielli ritrovati nella letteratura italiana.